Strumenti e Risorse per travaglio e parto
Minicorso per mamme di allenamento alla nascita

Mini-corso di 3 o 4 incontri informativi, pratici ed esperienziali per mamme in gravidanza sulle tecniche di gestione delle doglie.

Per confrontarsi con altre mamme che condividono l'esperienza della gravidanza e per ricevere ascolto e informazioni aggiornate e compiere scelte consapevoli.

Un mini corso per facilitare il riconoscimento dei segnali e tempi della nascita, unendo massaggi e altri strumenti pratici per allenarsi alle onde del travaglio, con fiducia e determinazione, verso una nascita positiva e appagante.

Insieme sperimenteremo:

  • uso di respiro e voce;
  • canto carnatico;
  • massaggi e digitopressione;
  • movimento e cambi di posizione;
  • posture ed esercizi corporei;
  • visualizzazioni e suggestioni positive.
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Cosa mi serve:

Consigliamo abbigliamento comodo. Possibilità di cambiarsi in sede.

Quando:

Venerdì mattina ore 10:30-12:00

Il corso si attiva su richiesta

Info e Adesioni:

segreteria@mammalcentro.com

Nota bene: le attività possono variare in base alla richiesta e al calendario mensile.

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Lo sapevi che ?

Il canto carnatico                                                                                          

Introduzione

Con il termine “canto carnatico” ci si riferisce ad una delle tradizioni musicali dell’India del sud. La musica carnatica ha una tradizione millenaria ed è caratterizzata dalla centralità del canto e dello strumento tampura. I testi sono generalmente di tipo devozionale. La tecnica del canto carnatico associata alla gravidanza e al travaglio è giunta in Europa negli anni ’60-‘70, grazie al ginecologo ed ostetrico Friederick Leboyer, nato in Francia nel 1918. Nella sua professione medica aveva constatato che all’interno degli ospedali il momento del parto aveva perso le sue caratteristiche “naturali”, ed era diventato un momento traumatico sia per la madre che per il neonato (travaglio accelerato, posizione allettata innaturale per la donna, luci accecanti, rumori forti, ricorso diffuso a pratiche chirurgiche, separazione immediata di madre e figlio ecc). Si era così deciso a riportare alle origini il momento del parto, e i suoi viaggi lo hanno condotto in India, dove ha appreso la tradizione del canto carnatico e quella del massaggio infantile chiamato Shantala. 

In India il canto carnatico è per tradizione utilizzato durante il travaglio dalla partoriente, accompagnata dalle altre donne al suo fianco, e viene trasmesso spontaneamente tra generazioni all’interno dei villaggi.

Più che un canto vero e proprio si tratta di vocalizzi, che per la semplicità e ripetitività ben si prestano al momento carico di intensità fisica ed emotiva del travaglio; il ritmo ripetitivo e cullante è sottolineato dall’accompagnamento della tampura.

Aspetti teorici 

Derivando dalla stessa antichissima cultura, tutte le premesse teoriche, fisiche e fisiologiche relative al canto carnatico usato nel travaglio sono le stesse che supportano la pratica dello Yoga e in particolare del Mantra Yoga.

Non si tratta di qualcosa di diverso, sono diverse le sfere coinvolte: nel caso del canto carnatico il beneficio ricercato è nella sfera del corpo fisico, della mente e delle emozioni, mentre lo Yoga, sopra a queste, mira ad un “beneficio” di tipo spirituale, pur consentendo di conseguire anche tutti gli altri.

Il Potere del suono

Il suono è vibrazione, e la vibrazione è energia. Ben prima della scienza moderna gli antichi Yogi avevano scoperto l’identità tra energia e materia, e la relazione tra suono, energia e materia: il sacro Pranava Mantra, Om, essenza di tutti i suoni, ha creato l’universo manifesto tramite la sua vibrazione, dando origine alla materia di ogni cosa esistente. Gli antichi rishi erano stati in grado di percepire all’interno di sé la varietà dei suoni prodotti dalle differenti vibrazioni energetiche dei chakra, e di codificarle poi nelle cinquanta lettere costituenti l’alfabeto sanscrito, con cui si espressero i Veda e tutti i Mantra. Il potere del suono può quindi essere impiegato per modificare ed influenzare le vibrazioni della materia, sia grossolana che sottile, allo scopo di ottenere benefici.

I Chakra

Il chakra più coinvolto dal momento del concepimento a quello del parto è probabilmente il Muladhara Chakra, il chakra della radice. E’ posizionato nel perineo, e presiede, tra le altre, anche le attività riproduttive, oltre che la soddisfazione di tutte le necessità primordiali e di sopravvivenza, quali cibo, acqua, aria, riparo, riposo. E’ il chakra dell’armonia dell’uomo, nel suo aspetto più istintuale, con l’universo naturale. Il suo simbolo è il quadrato, la terra, in cui compare un triangolo, l’organo riproduttivo femminile. Questo richiama la Madre Terra, e le sue caratteristiche di creazione, cura, protezione.

Strettamente connesso al Muladhara Chakra c’è Vishuddi Chakra, il chakra della gola, che regola le funzioni espressive umane: la comunicazione verbale, la musica e le arti in generale. Un altro aspetto è quello della capacità di ascolto delle proprie intuizioni, della propria voce interiore. 

E’ possibile osservare che una mascella serrata è il simbolo stesso della chiusura e della rabbia: tramite il canto, che apre la gola, rilassa le mascelle e i muscoli del volto e stimola il Vishuddi Chakra, è possibile favorire di riflesso l’apertura di Muladhara Chakra, necessaria per la distensione della cervice uterina e del perineo durante il travaglio e il parto.

La connessione tra bocca-gola e perineo-vagina 

La connessione tra il primo e il quinto chakra trova conferma anche nella scienza occidentale. 

L’embriologia ha scoperto che durante la gestazione, approssimativamente intorno all’ottava settimana, la massa di cellule che costituisce l’embrione si differenzia in tre foglietti, da cui si origineranno i diversi apparati: dallo stesso foglietto embrionale, chiamato mesoderma, prendono origine le cellule che successivamente si svilupperanno fino a creare, tra gli altri, anche la bocca e la gola (Vishuddi Chakra), e la vagina e perineo (Muladhara Chakra): questi organi, dal punto di vista cellulare, sono identici e connessi.

Nell’osteopatia e nelle terapie cranio-sacrali si sottolinea molto la connessione tra i tre diaframmi del corpo umano: diaframma craniale, diaframma toracico e diaframma pelvico.

In stato di salute ed equilibrio i tre diaframmi si muovono in armonia; quando un elemento di squilibrio agisce su uno dei diaframmi, anche gli altri due ne sono influenzati.

Al momento del travaglio e del parto il diaframma pelvico svolge un ruolo centrale per la fase espulsiva: come il diaframma toracico è ormai diffusamente coinvolto nel processo ponendo attenzione alla respirazione, che deve essere profonda e di tipo addominale, il canto carnatico estende il coinvolgimento anche al diaframma cranico. Il movimento della bocca, della gola, della mandibola che si svolge durante il canto, coinvolge il diaframma cranico, con effetti positivi sull’efficacia delle funzioni degli altri due diaframmi. 

Le chiusure a livello emotivo e fisico

Come facilmente verificabile su se stessi, gli stati di stress, tensione e paura si manifestano come chiusure e contratture di alcune zone del corpo. I punti più interessati sono le mascelle, le spalle, la zona del torace, e in maniera meno evidente la zona dell’ano-perineo.

Il travaglio è per eccellenza il momento dell’apertura, per consentire il passaggio del neonato. Vi sono tuttavia elementi di natura fisica, emotiva e culturali che provocano chiusura e contrattura della cervice uterina, rendendo il parto più lungo, doloroso e difficoltoso. 

Elementi che provocano chiusura:

  • nella cultura occidentale la donna “giusta” e “perbene” è idealizzata e purificata dalle funzioni corporee, giudicate negative. La donna generalmente si vergogna della propria fisicità, che tende a controllare e contenere. Il corpo non è mai quindi veramente rilassato, ma sempre giudicato e sotto stretta vigilanza; molto spesso si instaura quindi l’incapacità di ascoltare il corpo, sostituita dalla volontà di controllare il corpo. La natura ha dotato le donne di un meccanismo perfetto per lo svolgimento del parto, ma la disconnessione con i propri ritmi, bisogni e stimoli crea un ostacolo all’ascolto di sé e la sfiducia nella propria innata capacità, rendendo meno sereno lo svolgimento del parto.
  • il parto è in maniera inconscia e primordiale connesso e simile all’orgasmo femminile: gli ormoni secreti nelle due circostanze sono i medesimi, che differiscono solamente per la reciproca proporzione; l’emissione vocale è simile; in un certo senso entrambi i momenti rivelano la potenza della Shakti, che è sì energia femminile, ma priva delle canoniche connotazioni di dolcezza, quanto espressione della forza naturale di creazione. Come il giudizio culturale e religioso ha condizionato la donna nella sfera sessuale, così la stessa chiusura si riflette indirettamente anche nel travaglio e nel parto, per la preoccupazione di essere scomposte, rumorose, in un certo senso “incontrollabili”.
  • In stato di benessere le due componenti del sistema nervoso autonomo sono in armonia, ovvero c’è equilibrio tra l’attività del sistema simpatico (che regola le attività volontarie, dinamiche, energiche del corpo) e di quello parasimpatico (che regola le attività involontarie quali ad esempio la respirazione, ma anche i processi del sonno, del rilassamento). La vita moderna però vede generalmente più impegnato il sistema simpatico (e Pingala), con la conseguenza di mantenere l’individuo in uno stato di tensione che compromette la qualità del sonno, della digestione, oltre che della rilassatezza e serenità generale.

Questo squilibrio ha conseguenze anche durante il travaglio. 

La cervice uterina è una muscolatura liscia, ovvero involontaria e pertanto la sua dilatazione deve avvenire spontaneamente. Se il sistema simpatico è eccessivamente attivo, anche a causa di eccessivi stimoli esterni, questo comporterà una chiusura invece che la distensione e l’apertura, invece presiedute dal sistema parasimpatico (questo si osserva anche negli animali, che partoriscono di notte, quando gli stimoli esterni e le fonti di stress sono minori).  

Per questo motivo anche l’ambiente in cui si svolge il travaglio ha una valenza importante. Per favorire il contatto con se stessa e quindi l’apertura, la partoriente dovrebbe trovarsi idealmente in una “caverna” o in una bolla: luci basse, nessun rumore forte, nessun elemento di distrazione fastidioso, niente chiacchere futili, e con la presenza sicura ma discreta del compagno, simbolicamente a protezione “dell’ingresso della caverna”. 

Come il canto carnatico favorisce l’apertura

Il canto carnatico offre una soluzione contro questi elementi di chiusura.

Si è già detto che il canto stimola il Vishuddi Chakra, con effetti positivi di riflesso sul Muladhara Chakra; si è anche già detto di come il movimento prodotto dal canto influenzi il diaframma cranico e di conseguenza quello pelvico. A proposito dei diaframmi, bisogna aggiungere che per l’emissione corretta dei suoni è necessario riempire bene l’addome di aria, con movimento del diaframma toracico e conseguente azione ancora su quello pelvico.

Per i problemi legati ai condizionamenti culturali e agli squilibri del sistema nervoso autonomo, il canto risponde favorendo il silenzio della mente

Il processo è del tutto simile a quello che si ha nella pratica del Japa, ma con diversi intenti. In entrambi i casi l’obiettivo è la soppressione delle continue modificazioni della mente, ma nel caso del Mantra Yoga lo scopo di produrre il silenzio dentro di sé è per poter percepire e richiamare il Divino, mentre nel caso del canto carnatico il silenzio ha lo scopo di consentire la sintonizzazione con il corpo e con l’istinto atavico che è la guida interiore del parto. In entrambi i casi si ottiene una “centratura” all’interno di se stessi. Nel canto carnatico, a differenza del Mantra Yoga, non si utilizzano Mantra o nomi divini, ma suoni semplici e vocalizzazioni che a differenza dei primi non includono un significato o un ideale elevante. In effetti il canto carnatico non si propone come strumento meditativo, ma propriamente fisico, mentale ed emotivo.

Si è verificato comunque scientificamente come il canto e il suono della tampura portino le onde cerebrali nella frequenza delle onde alpha, quelle caratteristiche dello stato meditativo. Così come avviene durante la recita del proprio Mantra, il canto può sfruttare le energie negative che si provano in un determinato momento, in questo caso paura, dolore, ansia, per veicolarle verso un risultato positivo, attingendo al proprio potere interiore.

In conclusione, l’utilizzo del canto carnatico consente alla donna, da una parte l’esternalizzazione del dolore tramite l’espressione vocale, dall’altra parte un’interiorizzazione che porta all’ascolto del proprio corpo e dell’istinto naturale che guida il parto, e facilita anche la connessione con il proprio bambino.

Il Canto Carnatico e gli esercizi di Leboyer per il parto sono preziosi strumenti nella relazione madre-bambino già dalla gravidanza: il piccolo impara a riconoscere i suoni e sentendoli si tranquillizza. Allo stesso tempo, la mamma può rimanere concentrata sul respiro e sull’ascolto di se stessa e del bambino, il canto regola anche il ritmo cardiaco, la pressione arteriosa, ammorbidisce il diaframma, permette di entrare in contatto e liberare le emozioni più profonde.

Negli ultimi mesi di gravidanza, il canto carnatico prepara alla nascita, aiutando il posizionamento ottimale del bambino e il rilassamento del pavimento pelvico, riduce i tempi del travaglio e parto. Non occorre essere intonati poiché l’obiettivo principale è il benessere psico-fisico che è in grado di attivare e valorizzare le proprie risorse.

Esecuzione pratica

Per una buona esecuzione del canto carnatico è consigliata la posizione di Vajrasana o la posizione seduta “a cavalcioni” di un alto cuscino, in modo che il peso del corpo sia comodamente appoggiato sul pavimento pelvico. Queste posizioni favoriscono l’allineamento della colonna vertebrale, e quindi il libero flusso energetico tra i chakra, in un ritmo tra ispirazione ed espirazione, ottenendo un profondo effetto rigenerante e terapeutico sul diaframma, la colonna vertebrale, il pavimento pelvico, l’utero e la vagina, che sono in profonda connessione.

Si liberano le tensioni posturali della gravidanza, si ammorbidiscono i tessuti, si apprende come utilizzare la vibrazione per affrontare il dolore delle doglie per una nascita dolce.

La vocalizzazione consiste, nella fase di pratica che rende il canto famigliare e spontaneo, nel canto ritmico e ordinato delle lettere A, E, O, I, U, M (può essere anche più complessa con il canto di alcune sillabe specifiche della musica indiana, ma si entra ad un livello più specialistico).

Si inizia con un ampio inspiro che, come nella respirazione yogica completa, riempie prima l’addome, poi allarga le costole e infine solleva le spalle; con l’espirazione dalla bocca, si emette il suono, fino ad esaurire l’aria nei polmoni. Il ciclo riprende con un nuovo ampio inspiro e la vocalizzazione successiva. A ciascuna lettera corrisponde una precisa espressione facciale, da eseguire, in modo che tutti i muscoli del volto, e quindi il diaframma cranico, siano coinvolti.

Lettera A: la bocca è aperta, la mascella cade completamente rilassata, come si fa guardando qualcosa di molto piacevole

Lettera E: la bocca prende la forma di un aperto sorriso

Lettera O: come per esprimere stupore, le sopracciglia si sollevano e la bocca aperta assume la forma tonda

Lettera I: il volto è impegnato dallo stiramento laterale degli angoli della bocca

Lettera U: la bocca e la mascella lievemente sporgente prendono la forma di quando si dà un bacio

Lettera M: le labbra sono chiuse ma le file dei denti separati; si avvertirà una leggera vibrazione sulle labbra.

Ciascuna lettera viene cantata emettendo successivamente il suono a tre livelli, similmente a quanto si fa nel canto dell’Om, e delle sue tre lettere costituenti, A, U, M.

Si parte dall’emissione del suono dalla zona addominale, si passa poi a un suono proveniente dal torace, e per ultimo ad un suono proveniente dalla gola. Si riprende poi il percorso inverso, che dalla testa scende all’addome.

E’ possibile visualizzare il suono che esce dalle tre zone, o dai tre chakra, focalizzandosi soprattutto sul Muladhara, in modo che questa zona sia particolarmente sentita e coinvolta, e che di riflesso l’inspirazione riempia bene l’addome.

Per quanto riguarda il momento vero e proprio del travaglio si utilizzerà invece il solo canto della lettera A, come sorge spontaneo fare, perché è la lettera da cui deriva l’apertura maggiore. Questa lettera può essere cantata anche con la modalità di una scala, prima ascendente e poi discendente, che coinvolge gli stessi tre punti già citati, addome, torace e gola.

Sicuramente l’apprendimento della tecnica del canto necessita di un insegnante o quanto meno del supporto di un cd, per ripetere quanto si sente fino a farlo proprio, e un testo scritto è insufficiente.

Il canto, per essere spontaneo e famigliare, deve essere praticato con costanza durante la gravidanza.

Con l’inizio del travaglio la donna saprà naturalmente usarlo in maniera corretta, seguendo le proprie necessità. In generale la vocalizzazione avverrà durante la contrazione, e ne seguirà l’onda: sarà spontaneo che il canto cresca di intensità con il crescere del dolore, e diventerà più sommesso con il suo diminuire. Tra una contrazione e l’altra non è necessario, e generalmente non sorge spontaneo, cantare, ma si consiglia di concedersi il sonno o il riposo, anche se di pochi minuti o secondi.

Quando dal travaglio si passa alla fase espulsiva, in cui la donna avverte una necessità incontrastabile di spingere, il canto non è più necessario e generalmente è abbandonato in maniera spontanea.

Liberamente tratto da uno scritto della Dott.ssa Ostetrica Maria Grazia Billone